Da quando ho iniziato a sentire a parlare degli NFT ho sempre pensato che sarebbero diventati uno strumento innovativo interessante, per sostenere l’arte e la cultura.
La conferma mi è arrivata lo scorso 31 dicembre quando ho avuto la fortuna di vedere l’Arco della Pace trasformato in un’ opera d’arte immersiva. Per chi non avesse avuto la fortuna di vederlo, questo monumento meraviglioso, è stato oggetto del progetto di “Ouchhh”, un collettivo di artisti che ha base ad Istanbul e curato da Reasoned Art (in collaborazione con la Soprintendenza Abap di Milano e con il patrocinio dal comune), che spiega in una nota “AI Dataportal_Arch of Light, questo il nome dell’installazione, diventerà un Nft, rendendo l’Arco della pace il primo monumento al mondo mai entrato nel Metaverso. Sull’Arco della Pace, tramite un flusso di immagini generate da un sistema di intelligenza artificiale, è stata creata una seconda pelle in continua trasformazione che ha raccontato la storia del nostro Paese, attraverso la reinterpretazione di oltre 20mila opere d’arte, di oltre 320 artisti, che appartengono ai più svariati movimenti artistici, dall’arte bizantina all’arte contemporanea italiana”. E non solo. “All’interno dell’opera sono inclusi i dati annuali della mappa del firmamento italiano raccolti dalla Nasa e tutto il nostro patrimonio letterario digitalizzato, appartenente a un arco temporale di oltre 1700 anni”. Un’opera grandiosa e che mi ha lasciato senza fiato.
Ecco, il primo monumento italiano a diventare NFT si trova proprio nella mia città. Impossibile per me quindi non pensare a quanto si potrebbe fare in termini di fundraising per la cultura attraverso questa nuova frontiera del mondo dell’arte e di quanto sarebbe importante lavorare sulla formazione e sull’informazione con chi opera nel settore della cultura.
Gli Uffizi di Firenze ad esempio hanno già intrapreso la strada del Metaverso e lo hanno fatto insieme a Michelangelo. Il ”Tondo Doni” è stato trasformato in versione digitale diventando un pezzo unico. “Realizzato attraverso un brevetto esclusivo, il DAW® (Digital Art Work) quest’opera è la prima al mondo resa unica grazie a un sistema crittografato brevettato che impedisce la manomissione e la copia e tramite NFT ne certifica la proprietà” (Il Sole 24 Ore). La sua vendita ha fatto guadagnare al Museo 70.000 euro evidenziando di nuovo quanto potenziale ci sia per la raccolta fondi per il nostro patrimonio artistico.
Seppur presenti nella realtà virtuale da diversi anni, solo recentemente gli NFT stanno entrando nel linguaggio comune anche per la prima battitura ad un’asta di opera d’arte. Lo scorso novembre l’artista Beeple, ha chiuso l’asta per il suo NFT “Human One” per 29 milioni di dollari.
Si parla di Metaverso, mondo virtuale, NFT: tutti concetti che sanno di astratto. Ma è bene non dimenticare che i soldi guadagnati dalle vendite sono reali e grazie ad essi musei, teatri, associazioni e istituzioni, potrebbero fare tantissimo per mantenere e valorizzare il nostro patrimonio artistico nazionale.
Immagine di copertina: Emanuele Scilleri